L’uomo e il mare

Storia, tradizione e cultura del Conero

L’uomo è da tempo presente nell’area del Monte Conero. Le prime tracce di presenza umana, le più antiche delle Marche, risalgono al Paleolitico inferiore (circa 120.000 anni fa), Altri ritrovamenti quali forni di cottura risalenti al Neolitico e incisioni rupestri dell’Età del bronzo, testimoniano la costante presenza di insediamenti umani Preistorici e Protostorici

Piceni, Greci, Siculi e Romani stabilirono la loro dimora in questo luogo, fondando importanti insediamenti che avrebbero attraversato i millenni caratterizzando l’antropizzazione del Monte Conero: Ancona, Sirolo e Numana

Proprio ai Greci è dovuto l’attuale nome Conero che deriva da Komaros (corbezzolo, pianta abbondante nei suo boschi), ribattezzato dai Romani Cumerium

La zona del Conero è stato poi luogo prescelto da eremiti e da monaci Benedettini e Camaldolesi sin da prima dell’anno mille, lasciando a testimonianza gioielli di arte sacra giunti fino ai nostri giorni come la chiesa di San Pietro che si trova presso la cima del Monte, risalente al 1038 e la pressoché contemporanea chiesa di Santa Maria di Portonovo, capolavoro dell’architettura romanica, citata in un verso del Paradiso della Divina Commedia. Altre testimonianze dell’epoca medievale sono ciò che rimane dei castelli del Poggio e Massignano.

In epoca più recente prima il dominio papale e poi quello francese hanno caratterizzato il luogo affidando alla storia e al paesaggio la Torre Clementina, fatta costruire nel 1716 per contrastare le scorribande dei pirati e, sempre nella Baia di Portonovo, il Fortino Napoleonico costruito nel 1810 con il compito di impedire lo sbarco delle navi inglesi che cercavano riparo e fonti d’acqua nella baia.

l mare è stato fonte di reddito e sostentamento per le comunità di pescatori che si sono insediate alle pendici del Conero. Le tradizioni del lavoro del pescatore, si svelano ancora nelle tecniche, gli utensili, le barche che ancora si incontrano in mare o nei racconti degli uomini, testimoni del forte legame che la nostra gente ha con il mare.

Un’interessante peculiarità architettonica della costa del Conero, consiste nelle oltre cento grotte scavate nella roccia nel periodo che va dalla metà dell’Ottocento agli anni sessanta, originariamente usate come ricovero di imbarcazioni per la piccola pesca. I cancelli colorati, gli scali per le barche, le attrezzature per la pesca rendono l’insieme suggestivo; caratteristico è anche l’uso di materiali quasi sempre di recupero: traversine ferroviarie usate come sostegno agli scali di alaggio, mattonelle di vario tipo e colore usate per la pavimentazione, arredi scartati dalle case di città e poi riverniciati ed adattati.

In questi luoghi è nata la tradizionale pesca del mosciolo selvatico di Portonovo. Ad Ancona, i moscioli sono le cozze o mitili (Mytilus galloprovincialis), “selvatici”; quelli cioè che si riproducono naturalmente e vivono attaccati agli scogli sommersi della costa del Conero. La presenza di moscioli in questi mari è testimoniata in maniera precisa già dall’inizio del Novecento e rappresentava un’integrazione al reddito per i contadini delle frazioni dei paesi del Monte e per le maestranze del porto di Ancona. Negli anni ’50-60, la cucina di alcune piccole trattorie, nate a Portonovo in riva al mare, dà un contribuito decisivo alla conoscenza del pregiato mitile. La pesca del mosciolo, fa parte della tradizione di tante persone che da sempre associano la passione per il mare al piacere della buona tavola.

Il mosciolo selvatico è dal 2004 Presìdio Slow Food che ne valorizza la sostenibilità della pesca e la tradizione.

Oggi i pochi pescatori del Presidio hanno lavorato molto sulla filiera del mosciolo selvatico, in modo che sia garantita la provenienza dei molluschi dalle zone di pesca previste e la tracciabilità del prodotto lungo tutta la catena distributiva. Occorre però governare con attenzione ogni aumento della produzione, pena la scomparsa in breve tempo dei moscioli e dei pescatori. La pesca, regolamentata in maniera chiara, dovrà mantenere inalterato l’equilibrio tra quantitativo pescato e capacità di riproduzione.

La creazione di una area marina protetta nella zona del Conero sarebbe la soluzione ideale per tutelare questo tipo di pesca che, come avviene oggi, è sostenibile e garantisce all’ecosistema il tempo utile a rigenerarsi.

Accanto alla pesca del mosciolo selvatico di Portonovo i pescatori di Ancona, Numana e Portonovo praticano la piccola pesca artigianale tra mille difficoltà e la scarsità del pescato, la cui causa principale è l’azione della pesca intensiva che ha un effetto distruttivo sui fondali. E’ ancora diffusa, ma sconta gli stessi problemi, la pesca delle seppie con le nasse.

I fondali del mare del Conero oggi sono mèta di appassionati dell’immersione subacquea, attratti dagli incantevoli ambienti sottomarini e dalle rare specie di fauna e flora, eppure sempre più minacciate dall’irrazionale ed aggressiva attività dell’uomo in questo fragile habitat.