FAQ

L’idea di condividere alcune regole per la fruizione dell’Area Marina del Conero, ha spesso generato, da parte di qualche persona, pregiudizi e prese di posizione contrarie.

Talvolta si avverte il timore che l’Area Marina Protetta provochi una limitazione alle abitudini, oppure si ritiene che l’AMP sia inutile se non addirittura dannosa.

Di seguito, proponiamo una lettura critica delle più frequenti obiezioni che spesso vengono manifestate nei confronti dell’istituzione dell’AMP Conero ed il relativo chiarimento, alla luce della recente regolamentazione proposta nel 2016 dal Ministero Ambiente.

L’intento è quello di fornire una corretta informazione per dissipare eventuali dubbi o timori, favorendo così una maggiore e consapevole adesione alla necessità di tutelare il Mare del Conero attraverso l’istituzione dell’Area Marina Protetta del Conero.

Nell’AMP Conero è impedito fare il bagno? 

Il bagno si può fare, così come si possono fare immersioni. Inoltre, i diving locali sono autorizzati a fare da guida e contribuiscono alla custodia del mare. 

Nell’AMP Conero è impedito andare in barca?

Nell’AMP Conero si può andare in barca! anzi sono previste boe di ancoraggio fatte per non rovinare il fondale con le ancore. Esistono solo alcune restrizioni come la velocità di navigazione mentre è escluso l’uso delle moto d’acqua.

Sarà impedita la pesca dei mitili (“mosciolo”) ai cittadini?

Nell’AMP del Conero NON SARÀ proibita la raccolta dei mitili. La pesca o la raccolta del mosciolo potranno continuare con le stesse prescrizioni previste già oggi, a livello nazionale, per i pescatori non professionali, ovvero con il limite massimo giornaliero per persona di 3 kg (previsto dal DM 10/04/1997). Inoltre continuerà ad essere valorizzato come presidio Slow Food attraverso l’attività della cooperativa di pescatori

Quali sono le principali criticità e i rischi da un punto di vista ambientale che affliggono il mare del Conero? Esistono nel nostro mare organismi con caratteristiche uniche che vanno tutelati?

Come premessa generale, i mari e gli oceani, che ricoprono oltre il 70% della superficie del Pianeta e rappresentano una fonte insostituibile di cibo, acqua, energia e di servizi essenziali per l’umanità, sono sotto pressione come mai prima d’ora. Questa pressione si esplica attraverso numerosi fattori tutti riconducibili all’impatto dell’uomo, alcuni aventi un’origine di tipo globale o “planetaria”, altri riconducibili a fattori/impatti di natura “locale”. Tra quelli “globali”, è bene ricordare i decenni di inquinamento (di cui il tema visibile delle plastiche rappresenta solo una parte) ed uso spesso indiscriminato delle loro risorse (sia biotiche che abiotiche) che hanno gravemente degradato gli ecosistemi marini. La maggior parte degli stock ittici appaiono sovrasfruttati, e le reti alimentari che permettono il proliferare della vita marina sono profondamente alterate. A questo si aggiungono le pressioni enormi del cambiamento globale, che si manifestano attraverso l’acidificazione degli oceani (che ne sta mutando profondamente la chimica, essenziale per il mantenimento della vita marina), l’aumento della temperatura e l’innalzamento del livello del mare, e i cambiamenti nella circolazione termoalina globale; pressioni che stanno ulteriormente impattando la produttività e la biodiversità degli oceani e la loro capacità di regolare il clima del Pianeta, minando pericolosamente la capacità di resistenza e resilienza degli ecosistemi, oramai prossimi al punto di non ritorno. La perdita globale di biodiversità è tra le criticità maggiori. Tra i fattori di disturbo più “locali”, a solo titolo di esempio possono esserci la presenza di siti industriali o grandi centri urbani, oppure attività di prelievo di risorse concentrate in aree ridotte.

Prima di entrare nel merito dell’area del Conero, va ricordato che il Mar Mediterraneo è uno dei mari in maggiore sofferenza, e che l’Adriatico si trova nella situazione peggiore.

Quali organismi vanno tutelati nel Conero? Innumerevoli. Quelli che già dovremmo tutelare per normativa europea sono gli ecosistemi e le specie specificatamente elencati nei formulari dei siti Natura 2000 già istituiti. Nonostante l’area del Conero non sia caratterizzata dalla presenza di specie “bandiera” o “iconiche” (pensiamo ad esempio alle Cernie simbolo di molte AMP o i grandi barracuda) quest’area rocciosa presenta caratteristiche uniche e elevatissimi valori di biodiversità che la rendono unica rispetto al resto degli ambienti a fondi mobili del Medio ed Alto adriatico. Il mare del Conero rappresenta una sorta di oasi di biodiversità per l’Adriatico e ospita alcuni habitat e molte specie vulnerabili, soggette a specifiche norme di protezione in ambito nazionale, europeo e Mediterraneo. Molte delle specie marine che abitano i fondali rocciosi del Conero sono da considerare come una riserva di biodiversità per l’Adriatico. Tra queste, possiamo elencare diversi esempi di specie soggette a specifiche norme di protezione nei mari italiani:

  • I datteri di mare: dattero bianco di fondale Pholas dactylus e dattero Lithofaga lithofhaga. Queste due specie sono protette dalla legge italiana (Normativa DM 16-10-1998; Normativa DM 16-10-1998. DPR n 357-1997) ed inserite nella ista delle specie di interesse comunitario (Allegato IV Direttiva Habitat) nelle liste di protezione della Convenzione di Berna e presenti negli annessi 2 e 3 del protocollo ASPIM della Convenzione di Barcellona. L’accrescimento di queste specie è particolarmente lento. Il dattero di mare impiega dai 15 ai 35 anni a raggiungere i 5 cm di lunghezza. Per quello che riguarda Lithophaga lithophaga esiste una piccolissima popolazione solo a nord e a sud dello scoglio del Trave che necessita di tutela.
  • I bivalvi più grandi del Mediterraneo: le nacchere Pinna nobilis e Atrina fragilis. L’Università Politecnica delle Marche UNIVPM (Cerrano et al. 2014) cita la presenza di Pinna nobilis in prossimità degli affioramenti rocciosi degli scogli Lunghi, la Scogliera dei Draghetti, l’area compresa tra lo scoglio della Vela e gli Scogli delle Due Sorelle. Questa specie (inserita nell’allegato IV Direttiva Habitat e nell’allegato II del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona) sta rischiando l’estinzione, ha subito una pesca massiva in passato e di recente mostra fenomeni di mortalità di massa in molte aree (anche italiane) causata da un endoparassita.
  • Le alghe Cystoseiraceae formano degli habitat naturali, sostengono la biodiversità ed i cicli biologici di molte specie. Le specie di Cystoseira, presenti nel Conero, Gongolaria barbata (già Cystoseira barbata) e Cystoseira compressa sono specie “di interesse comunitario” secondo la Direttiva Habitat 56 (92/43/CEE) e sono indicatori di qualità ambientale nelle acque costiere del Mar Mediterraneo secondo la Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE). Diverse specie appartenenti a questo genere sono protette dalla Convenzione di Berna, riconosciute come una priorità dalla Convenzione di Barcellona e considerate vulnerabili dalle organizzazioni internazionali (ad esempio, IUCN, RAC/SPA, MedPan). Queste alghe dall’ aspetto arborescente e cespuglioso formano dei veri e propri habitat che ospitano una grande diversità di piccoli pesci, invertebrati e crostacei. Si tratta di vere e proprie foreste marine in miniatura i, cosiddetti “cistoseireti”, che rendono più complesso e frastagliato l’ambiente, creando habitat e micro-habitat ideali per la sopravvivenza di una florida comunità di organismi. Rappresentano anche importanti siti di riproduzione; sono molte infatti le specie che vi depongono le uova e che qui conducono le prime fasi della loro vita, basti pensare alle seppie. Sono allo studio un po’ ovunque in Adriatico soluzioni per fornire substrati artificiali per la deposizione delle uova di seppia mentre i cistoseireti svolgono naturalmente questa funzione. Sono anche in atto progetti e proposte di progetto per il restauro di questi habitat a Cistoseira in tutto il Mediterraneo.
  • Delfini, principalmente tursiopi Tursiops truncatus, e tartarughe Caretta caretta. L’area del Conero in alcuni periodi dell’anno è frequentata anche da vertebrati carismatici (e protetti) come tartarughe e delfini che in assenza di disturbo possono avvicinarsi molto alle coste. (Ne abbiamo avuto esperienza diretta durate questa fase Covid).

Foto sopra, presa dal Corriere Adriatico, foto sotto, Credits Raul Cendon (turista spagnolo)

  • Corvina (Sciaena umbra). Questa specie ittica costiera molto elegante dai movimenti lenti e sinuose è una specie tipica dei fondi duri e molto vulnerabile. La specie è inserita nell’allegato III del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona e nell’allegato III della Convenzione di Berna ed è menzionata nella Lista Rossa IUCN, stato di conservazione vulnerable.
  • Ci sono poi molte altre specie tipiche di fondo duro e criptiche: il Conero è diventato un’area conosciuta per la fotografia subacquea per la presenza di nudibranchi e pesci come blennidi, gobidi, cavallucci marini, ma anche attinie insieme ad astici e altri crostacei interessanti (come il pauro o favollo Eriphia verrucosa) che in un ambiente protetto potrebbero aumentare la loro presenza. Il Conero è inoltre una delle ultime aree Adriatiche con presenza di scogliere naturali e mitili prelevati da ambiente naturale.

Una peculiarità del Mare Adriatico è la sua eutrofia rispetto al resto del Mediterraneo. Sul versante occidentale essa è dovuta prevalentemente agli apporti del Po e dei numerosi corsi d’acqua alimentati dall’Appennino. L’elevata disponibilità di nutrienti permette a numerose specie che vivono sui fondali di riprodursi per periodi più estesi rispetto alle specie tirreniche, producendo grandi quantitativi di larve che alimentano anche gli organismi che popolano la massa d’acqua. Questo è uno dei motivi della grande pescosità del bacino. Il Promontorio del Conero è l’unica area di fondi rocciosi della costa nord-occidentale; numerosi organismi trovano qui l’unico sito per insediarsi prima del Gargano e delle Tremiti. Il sito è quindi isolato rispetto ad altre aree simili, per esempio le coste croate, di conseguenza gli apporti larvali sono soprattutto locali. Questo significa che le specie presenti sviluppano popolazioni con scarse capacità di rinnovo quando eccessivamente sfruttate o danneggiate. Qui valgono i modelli ecologici descritti per gli ambienti insulari. A titolo di esempio ci sono endemismi in parte noti e in parte ancora da descrivere. I tipici ciottoli bianchi presenti sulle spiagge del Passetto o del Conero presentano spesso delle caratteristiche forme di erosione dovute all’azione di organismi perforatori: spugne, molluschi e policheti. Tra le spugne perforanti è stata recentemente descritta proprio al Conero una nuova specie (Cliona adriatica) che vive solo in questa zona. Essendo una zona isolata, numerose specie hanno caratteristiche diverse rispetto al resto del Mediterraneo, soprattutto riguardo ai loro cicli di riproduzione e accrescimento. Tali condizioni sono alla base della peculiare biodiversità marina dell’area.

Da un punto di vista legale, la presenza di habitat e specie inseriti negli allegati della Direttiva Habitat (vedi articolo 12) richiede lo sviluppo di adeguati piani di gestione e tutela. La Direttiva stabilisce norme per la gestione dei siti Natura 2000 e la valutazione d’incidenza (art 6), il finanziamento (art 8), il monitoraggio e l’elaborazione di rapporti nazionali sull’attuazione delle disposizioni della Direttiva (articoli 11 e 17). Il recepimento della Direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357. Habitat di pregio presenti nell’area oggetto d’interesse sono 1110 (sandbanks), 1160 (Grandi cale e baie poco profonde), 1170 (reefs).

  • Se esistono tali organismi, qual è lo specifico impatto negativo su di essi che hanno le attività ipotizzate come vietate nella proposta di AMP avanzata oggi dal Ministero per il Conero?

L’attività antropica si manifesta con impatti di varia natura, sia fisici che chimici. Gli effetti fisici sono spesso effetti abrasivi, e portano ad una generale riduzione di complessità dell’ambiente. Ancoraggi, pesca sportiva o artigianale, trampling, alterano la complessità dei fondali con conseguente perdita di biodiversità. Gli habitat e le specie di pregio subiscono tali effetti direttamente o indirettamente. Per fare un esempio, le ancore delle imbarcazioni da diporto (che nella sola zona del Trave in estate possono superare le centinaia di presenze giornaliere in un’area relativamente ristretta) hanno effetti devastanti sulla Pinna nobilis o sulle macroalghe appena citate. In passato l’area del Monte Conero ospitava ampie distese di habitat a Cystoseiraceae ma negli ultimi decenni la loro abbondanza si è fortemente ridotta. Gli endemismi del Conero, sia vegetali sia animali, sono evidenziati dalla presenza di specie di fondo duro che qui denotano adattamenti particolari, dovuti soprattutto ad elevato grado di isolamento. Non consentire in piccole aree le attività che comportano questo tipo di disturbo rappresenta un’importante azione di conservazione che permetterebbe il recupero di questi ambienti con evidenti ricadute positive sugli ambienti circostanti.

Una presenza eccessiva di barche spesso affollate di diportisti, se non dotate di adeguati sistemi di raccolta degli scarichi, possono inoltre rilasciare in aree ristrette enormi quantità di inquinanti di natura fecale che vanno ad arrecare danni all’ecosistema ed alle specie marine. Al CNR abbiamo in programma, la prossima estate, di condurre studi mirati a quantificare questo eventuale rilascio di materiale fecale dalle imbarcazioni lungo il promontorio del Conero attraverso approcci molecolari e basati sul DNA in grado anche di individuare le potenziali origini.

Riducendo la pressione antropica lungo le coste del Conero ed aumentando la protezione consentirebbe a delfini e tartarughe marine di avvicinarsi maggiormente alla costa, con possibilità di sviluppo estivo di attività economiche, come ad esempio il dolphin watching. Non è escluso che una riduzione del disturbo potrebbe portare ad eventi di nidificazione delle tartarughe marine, come anche accaduto recentemente nell’area di Pesaro.

Va infine chiarito che l’istituzione dell’AMP non sarà a beneficio delle sole specie elencate è soltanto ma che tali benefici, solo in parte elencati nel presente documento, si estendono ad altre specie marine (tramite le relazioni ecologiche), agli habitat, alle funzioni e a tutti i servizi ecosistemici che un’AMP offre.

Quali sono le attività dell’uomo che hanno un maggiore impatto sull’ecosistema marino e che generano la maggior parte dei rischi? 

Tutte le attività umane hanno il potenziale di impattare gli ecosistemi marini. In particolare negli ambienti costieri come il Conero, oltre a quelle menzionate sopra, attività quali la pesca illegale ed in generale un eccessivo sforzo eccessivo di pesca, gli scarichi delle navi e delle imbarcazioni da diporto, rappresentano fattori in grado di generare i maggiori danni. In particolare, esempi particolarmente calzanti per le nostre coste:

  • La pesca illegale delle vongole con turbosoffianti (quando svolta entro le 0.3 miglia dalla costa) provoca la distruzione della biocenosi coinvolgendo anche ovature di alcune specie quali ad es. Sepia officinalis che nel periodo riproduttivo si avvicinano sottocosta per la riproduzione. In generale, la pesca con le turbosoffianti provoca forte risospensione dei sedimenti che possono risedimentare sugli habitat dei fondali rocciosi con conseguenti impatti
  • La pesca illegale effettuata da pescatori sportivi e subacquei che catturano più di 5 kg/giorno
  • Ripascimento degli arenili con modifica degli habitat naturali (vedi habitat a Cystoseira), riduzione della biodiversità e incrementi della torbidità
  • Ancoraggio selvaggio. I principali effetti negativi riguardano la distruzione degli habitat con effetti negativi sugli organismi bentonici. Le misure previste in un’AMP, con la zonazione, garantirebbe una gestione razionale del traffico marittimo senza compromettere le possibilità di fruizione dell’area. Nelle aree protette NON è impedito andare in barca, anzi ci saranno boe di ancoraggio apposite e solo alcune restrizioni come per la velocità di navigazione.
  • Concentrazione del traffico di imbarcazioni da diporto in periodi ristretti con densità a volte di centinaia di imbarcazioni/giorni in un’area ristretta; di conseguenza anche aumento dell’inquinamento superficiale e sul fondo.

  • In che modo le limitazioni e le regolamentazioni previste dalla proposta di Area Marina avanzata da Ministero, specie nell’ipotesi di restrizione dell’Area Marina alle sole acque antistanti il territorio del Comune di Ancona, sono in grado di ridurre i rischi ambientali individuati? E in che misura?

Attraverso le regolamentazioni mirate alla salvaguardia di specifici ecosistemi e specie. Esattamente come avviene per un’area protetta terrestre, un Regolamento prevede le attività consentite, quelle vietate e quelle soggette a specifica limitazione. Ed allo stesso modo attività di incentivo e finanziamento consentono la conversione delle attività odierne verso modalità meno impattanti fino al raggiungimento della piena compatibilità ambientale. Per fare esempi concreti: l’inquinamento proveniente dai fiumi limitrofi all’AMP sarebbe sottoposto a controlli più stringenti; la CC.PP. avrebbe più risorse (uomini e mezzi) per prevenire la pesca illegale e lo sversamento a mare degli scarichi di navi e imbarcazioni da diporto, e così via.

ll pieno rispetto delle norme sulla navigazione, sulla pesca e sulla dispersione dei rifiuti già esistenti (con controlli seri e puntuali) sarebbe sufficiente alle esigenze di tutela? Quali ulteriori norma è necessario prevedere?

Purtroppo no. Attualmente le normative vigenti non sono pensate per la tutela di specifici ecosistemi e/o specie, ma sono norme legate principalmente alla sicurezza in mare ed alla resa delle attività di prelievo. Pur applicando pedissequamente le norme attuali non si otterrebbe quella salvaguardia necessaria a tutelare la biodiversità ed il fragile ecosistema del Conero.

Quali soggetti avranno in carico il controllo del rispetto delle norme? Sono da prevedere enti o soggetti aggiuntivi rispetto a quelli già esistenti? In caso di risposta affermativa, chi finanzierebbe questi ulteriori controlli e con quali fonti di finanziamento?

La Sorveglianza sull’AMP è affidata alla Capitaneria di Porto ed alle altre forze di pubblica sicurezza competenti per territorio. Le norme vanno messe a punto con chi gestirà l’AMP che potrà essere: 1) il Comune, 2) un Consorzio appositamente costituito, 3) l’Ente Parco regionale terrestre, 4) un Parco Nazionale che assorbe all’interno le due aree protette (a terra e a mare).

Per fare un esempio: in presenza di un parco terrestre la gestione dell’AMP si affida al parco terrestre. Ma NON è obbligatorio, vedi gli esempi di Portofino e Alghero dove la gestione è stata affidata ai Comuni (che poi hanno anche vinto vari ricorsi). Nella fase in corso che sarebbe, se non ci fosse il NO dei Comuni e della Regione, quella della CONFERENZA UNIFICATA (MATTM e un solo Comune o più Comuni, non necessariamente limitrofi, o un consorzio tra Comuni, Università, Ass.ni ambientaliste) viene definito da chi sarà gestita l’AMP.

Il Direttore è nominato dal Comune o Consorzio mediante un concorso pubblico, a vincere sono sempre professionisti molto specializzati nella gestione (e mai scienziati marini o professori universitari). Il MATTM verifica solo la professionalità del vincitore, poi contratto dirigenziale (3 – 5 anni) pagato dal MATTM (stipendio lordo tra i 70 e gli 80.000 euro lordi annui). Il Comune dovrebbe assegnare al Direttore 1-2 unità part-time per attività di segreteria. Altre disponibilità per eventuale personale aggiuntivo possono venire da progetti finanziati dal MATTM. Al momento dell’Istituzione il Comune o il Consorzio riceve 350.000 euro dal MATTM, poi ogni anno riceverà una contribuzione ordinaria in % sull’erogazione nazionale alle AMP in base all’efficienza della gestione (a titolo di esempio: da 200.000 a 700.000 euro/anno a Torre Guaceto). La CC.PP. locale diventa competente per l’AMP e quindi nell’ambito del RAM (Reparto Ambiente Marino) riceverà più mezzi e più uomini (ad esempio, nell’AMP di Torre del Cerrano, la CC.PP. di Silvi – TE è passata da 2 unità a 5 unità uomo).

In che modo l’AMP può tutelare la piccola pesca artigianale e la filiera del mosciolo selvatico in misura maggiore di quanto non lo sia già oggi?

Limitando le diverse forme di inquinamento provenienti dalle navi e dalle barche da diporto che minacciano la salubrità delle acque in cui è pescato, il mosciolo selvatico crescerà in un ecosistema certamente più sano e meno inquinato. In generale, va ricordato che un ambiente protetto e con meno disturbo antropico porta a i) un miglioramento generale delle condizioni ambientali favorendo ii) l’avvicinamento delle risorse ittiche verso costa, dove troverebbero iii) condizioni adatte alla riproduzione e allo sviluppo determinando inoltre iv) una migliore qualità del prodotto. Tali effetti sarebbero più marcati sui filtratori bentonici sessili (dunque sui moscioli).

Nella AMP saranno impedite le attività di pesca tramite vongolare (che sappiamo avere un impatto consistente sui fondali, ma anche sulle reti e le nasse della piccola pesca e che possono potenzialmente danneggiare, con i fanghi sollevati dalle attività idrauliche, l’attecchimento dei semi del mosciolo selvatico); queste attività potranno continuare in altre aree della costa delle Marche meno pregiate dal punto di vista ambientale.

Per quanto riguarda la pesca artigianale (che la FAO ci ricorda avere un ruolo strategico non solo per le economie locali ma anche nel mantenere le tradizioni locali e il patrimonio culturale nella regione, creando valore aggiunto per altri settori correlati come la ristorazione ed il turismo), l’istituzione dell’AMP favorirà sicuramente l’aumento, in quantità e qualità, dello stock ittico pescabile e anche lo sviluppo della pesca-turismo. La piccola pesca artigianale è l’unica forma di pesca consentita e salvaguardata, come unica forma di pesca sostenibile, all’interno delle AMP italiane e mediterranee. Sono da considerare compatibili con l’AMP tutte le attività di “piccola pesca” con attrezzi da posta (ad es. nasse per le seppie, tramagli per specie ittiche di substrato duro, reti “ad imbrocco” per le sogliole, nassini per lumachine di mare, Nassarius mutabilis), in quanto tratta di metodi di cattura selettivi. La piccola pesca beneficerebbe: 1. Dell’effetto riserva (che comprende una aumentata abbondanza delle specie oggetto di pesca); 2. Di una riduzione dei conflitti con la pesca illegale ed altre tipologie di pesca (pesca subacquea); 3. Un aumentato valore del pescato (il pesce dell’Area Marina Protetta del Conero); 4. Un aumentato riconoscimento del loro ruolo sociale dei pescatori, essendo la piccola pesca un’attività tradizionale cosi legata alla cultura del mare; 5. Possibilità di essere coinvolti in progetti in collaborazione con gli enti scientifici e la AMP.  Ovviamente tutto questo dipenderà molto dalla capacità dei gestori

Quale concreta “regolamentazione” è prevista per la così detta piccola pesca artigianale, cioè per le attuali circa 40 barche che tra la marineria di Ancona e Numana oggi esercitano tale tipo di pesca? Potranno continuare a pescare esattamente così come lo fanno oggi? Oppure con quali diverse modalità e regole?

La piccola pesca artigianale è consentita all’interno delle AMP. Viene regolamentata e limitata ai soli residenti nei Comuni facenti parte dell’area protetta al momento dell’istituzione. Quindi non solo le 40 barche potranno continuare a svolgere la propria attività ma saranno le uniche che potranno farlo (ovviamente se l’AMP interesserà i tre Comuni, altrimenti solo i pescatori e le imprese residenti nel Comune di Ancona). Sarà poi l’organismo di gestione dell’AMP che definirà le ulteriori regolamentazioni dell’attività.

Ovunque nelle AMP in Mediterraneo è accaduto che gli stessi pescatori hanno individuato le modalità e, quindi, le regole migliori per continuare a pescare in quantità analoghe o minori, aumentando la massa pescata, migliorando la qualità del prodotto e ottenendo una crescita dei prezzi di mercato tramite la valorizzazione del prodotto locale di area protetta. Ma anche e soprattutto, garantendosi meglio su una continuità nel tempo della presenza del prodotto iniziando ad operare congiuntamente ed al riparo dalle incursioni della pesca industriale, sia essa da parte di turbosoffianti come di azioni di strascico illegale.

Potranno quindi continuare a pescare come e meglio di come lo fanno oggi. Avendo un gruppo limitato numericamente, sarà spontaneo aggregarsi e lavorare insieme per migliorare le condizioni di lavoro e valorizzare il prodotto. Azione questa che inevitabilmente porta ad una riduzione dell’impatto ambientale anche della piccola pesca artigianale.

Quale concreta regolamentazione per la cosiddetta “pesca amatoriale” o altrimenti nota come “pescasportivi”? Potranno continuare ad esercitare esattamente così come oggi oppure con quali diverse regole e modalità?

La pesca amatoriale, ricreativa, sportiva o come la si voglia chiamare, è soggetta ad attenzioni particolari in relazione alle modalità ed ai luoghi con cui questa viene esercitata.

La pesca sub è vietata in assoluto (per le ragioni scientifiche si veda il quesito specifico trattato successivamente). La pesca con canna è consentita da riva o da barca, secondo limitazioni che sono in genere concordate con le Associazioni locali (in genere la FIPSAS). Ad esempio, a volte con la collaborazione di associazioni sportive e federazioni nazionali si sono concordate possibilità esclusive di attività, in certi periodi o zone, solo per attività svolta con finalità sportiva con il rilascio del pescato (catch and release) e con amo senza ardiglione (pesca no kill).

Altre tecniche di pesca variano poi di zona in zona e vanno concordate con gli operatori ed appassionati locali in base alle usanze e consuetudini.

Il concetto guida è che l’istituzione dell’AMP non dovrebbe limitare più di quanto la normativa vigente già prevede, qualora l’attività sia compatibile (la pesca sub ad esempio non lo è, quindi è vietata a priori), ma punta a far in modo che l’impatto di quelle attività non cresca ulteriormente. Le limitazioni sugli attrezzi, sul quantitativo e, soprattutto, sul numero di persone sono introdotte in questo senso.

Per quest’ultimo aspetto in tutte le Aree Marine Protette italiane esiste una differenza della possibilità di pesca amatoriale tra le varie Zone in cui è divisa l’AMP. In genere nelle Zone B la pesca ricreativa è consentita ai soli residenti mentre in Zona C oltre ai residenti anche ai non residenti solo se autorizzati. Sono sistemi questi per controllare il carico dei pescatori nell’AMP dovendo fare i conti che crescendo nel tempo la presenza di pesce nell’AMP questa diverrebbe un attrattore di pescatori amatoriali provenienti da ogni dove.

Per le attività ipotizzate come “regolate”, cioè consentite ma soggette a specifica regolamentazione, quando e da chi vengono definite le regole, cioè contestualmente alla istituzione o dopo la sua costituzione e da quale soggetto /autorità decise? E una volta inizialmente decise possono essere successivamente modificate e da quale Autorità?

La normativa di cosa, “SI, è consentito” e cosa “NO, non è consentito” è prevista dal “Regolamento di Disciplina”, pubblicato insieme al decreto Istitutivo, e viene formulato in sede di Conferenza Unificata tra Ministeri, Regione e i Comuni dopo aver svolto le dovute istruttorie, come nel caso del Conero sono in corso da parte dell’ISPRA.

Le regole, invece, che danno indicazioni di dettaglio su COME si deve svolgere l’attività consentita sono previste dal “Regolamento di Esecuzione ed Organizzazione” che invece viene messo a punto dall’Organismo di gestione dell’AMP dopo che essa è istituita ed inizia a funzionare. Anche in questo caso basandosi sulle consuetudini ed usanze locali concordando con i diretti interessati le modalità migliori da attuare, comprese quelle più innovative che lo stesso organismo di gestione può incentivare e finanziare.

Relativamente al diporto, le misure previste in un’AMP con la zonazione, garantirebbe una gestione razionale del traffico marittimo e degli ancoraggi senza compromettere le possibilità di fruizione dell’area. Nelle aree protette NON è impedito andare in barca, anzi ci sono boe di ancoraggio fatte per non rovinare il fondale con le ancore.

Quali sarebbero concretamente le attività consentite ma regolate   inizialmente previste in sede di proposta avanzata da Ministero?

È giuridicamente possibile in base alla Legge vigente in particolare la n. 394/91 che possano intervenire successive modifiche al Regolamento iniziale e determinare, eventualmente, delle limitazioni non inizialmente previste all’atto dell’istituzione da parte del ministero? Ad esempio la pesca del mosciolo può essere interdetta successivamente? Se dovesse essere interdetta la pesca amatoriale del mosciolo, esistono delle categorie protette rispetto alle limitazioni, e se si, in quale legge sono previste queste categorie protette? La stessa che definisce e delibera il Regolamento iniziale o quale altra Autorità ed in base a quale norma di legge?

La piccola pesca artigianale è consentita all’interno delle AMP. Viene però regolamentata e limitata ai soli residenti nei comuni facenti parte dell’area protetta al momento dell’istituzione. Questa è l’unica norma che viene indicata al momento dell’istituzione, rimandando all’organismo di gestione dell’AMP ogni specifica modalità di ulteriore regolamentazione dell’attività.

In tutte le quasi 30 AMP italiane, quello che è accaduto è che, una volta istituita l’AMP e, quindi, individuato l’elenco dei pescatori residenti che svolgono attività, si concorda se si vuole meglio regolamentare il prelievo o meno e, se si, in che maniera. Ovunque è accaduto che gli stessi pescatori, nel momento in cui si fidano del gestore dell’AMP, che individuano come organo superiore che disciplina la materia e che poi tutti saranno tenuti a rispettare, si auto-regolamentano per migliorare la quantità e la qualità di ciò che raccolgono garantendosi una continuità nel tempo sulla presenza del prodotto. Azione che inevitabilmente porta ad una riduzione dell’impatto ambientale anche della piccola pesca artigianale. In alcuni casi si è arrivati ad ulteriori restrizioni rispetto a quelle stabiliti all’istituzione dell’AMP, ma solo perché a volerlo sono stati i pescatori locali. Va evidenziato che, sebbene un inasprimento dei divieti sia raro, non è impossibile ma comunque dipende dall’Ente Gestore, non sarebbe dunque un’imposizione del MATTM o di altri.

Per la nautica da diporto saranno previste limitazioni sulle zone di ancoraggio e di navigazione? Se si che tipo di limitazioni e quali attività autorizzative saranno da prevedere?

Come avviene nelle altre AMP ma non solo (vedi Croazia in particolare) nelle zone più fragili dovrebbero essere predisposti campi boe, mentre l’ancoraggio sarebbe consentito in quelle zone dove il pericolo di fare danni ai fondali è limitato. Qualche anno fa (nel 2007) è stato sottoscritto un protocollo per la nautica sostenibile da UCINA (Confindustria Nautica), Assonautica, AssoCharter e AMI (Assistenza Mare Italia), in rappresentanza dell’utenza nautica, nonché di Legambiente, Marevivo e WWF Italia, in rappresentanza del mondo ambientalista che, coinvolgendo tutte le Amministrazioni competenti, l’utenza qualificata e le associazioni ambientaliste, ha definito criteri, linee guida, standard di riferimento e proposte per il settore della nautica, intesa non solo come diporto, ma anche come comparto della locazione e del noleggio, nelle aree marine protette.

In che modo l’AMP può favorire lo sviluppo del territorio e l’economia del turismo della baia del Conero, principalmente rivolta oggi ad un turismo di prossimità, e che comunque non permetterebbe di ricevere una maggiore domanda in termini di presenze nella stagione estiva?

Aumentando la qualità del turismo. A parità di numeri sappiamo con certezza che migliora la qualità dei luoghi e dei servizi, e di conseguenza migliora anche economicamente tutto il settore. Il controllo dell’affluenza nei giorni di punta è oggi un tema già problematico e lo sarà sempre di più in futuro. I numeri, pertanto, se aumentano non devono concentrare le presenze. Vanno incentivate le presenze fuori stagione ed in settori di turismo oggi poco o affatto frequentati in termini turistici ma che potrebbero aumentare in presenza di una AMP (ad esempio il diving, lo snorkeling, il seawatching, il birdwatching, vela, canoa, nuoto libero ed ogni altra attività compatibile di fruizione sostenibile del mare). Dati e esempi già presenti nel PPT presentato a Hackathon:

►Il turismo è aumentato del +26,7% nei comuni italiani all’interno delle AMP nel periodo 2014-2018, rispetto ai comuni che si trovano al di fuori delle AMP (+ 20,1%) fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

►Il tasso di occupazione nel 2018 è simile dentro (58,9%) e fuori le AMP (61,50%), ma potrebbe essere dovuto al fatto che la maggior parte delle AMP si trova nel Sud Italia dove il livello di l’occupazione è pari al 50% (fonte: nostre elaborazioni su dati Sole24)

►La variazione del valore immobiliare nel 2012-2019 è meno negativa (-13,7%), in questo periodo di crisi, nelle AMP rispetto ai capoluoghi di provincia (-15,4%); (fonte: nostre elaborazioni su dati OMI)

►La variazione del reddito nel periodo 2012-2018 è più favorevole (+ 7,7%) nelle AMP rispetto ai capoluoghi di provincia (+4,8); fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Il caso emblematico dell’AMP di Torre Guaceto: i benefici netti sono intorno agli 11.9-12.8 milioni di euro. Per ogni euro investito nella conservazione, si generano circa 11-12 euro di benefici. Il successo economico ha portato i pescatori a chiedere l’estensione della riserva.

Va ricordato che molti degli operatori economici, pescatori, ristoratori, albergatori e gestori di stabilimenti di Portonovo stanno chiedendo una svolta eco-sostenibile.

Un’ appropriata gestione della AMP costituirebbe un volano economico per tutte le attività del territorio in un’ottica di sostenibilità ambientale e valorizzazione del patrimonio naturale. Questo significa valorizzazione dell’offerta turistica, valorizzazione dei prodotti ittici e agro-alimentari, valorizzazione dei marchi locali, valorizzazione di qualsiasi piccola attività commerciale del territorio. Quindi il risultato non sarà quello di aumentare le presenze turistiche, piuttosto quello di aumentare i servizi, la loro qualità e la loro fruizione. Questa traiettoria contribuirà a generare un turismo migliore, più consapevole, con più interesse ai prodotti del territorio e disposto a ‘spendere di più’ per godere meglio ed in modo più consapevole e sostenibile del territorio e dei suoi servizi. Come in altre AMP, la stagione turistica potrebbe estendersi anche ai mesi primaverili ed autunnali, con offerte rivolte al turismo straniero.

Foto tratta da “Le Aree Marine Protette di Puglia e le pratiche di gestione sostenibile della pesca e dell’ecosistema costiero (2019)

Rispetto ai siti di importanza comunitaria (SIC) esistenti il cui scopo è la conservazione della biodiversità selvatica e marina nel territorio, alle zone speciali di conservazione (ZSC) e alle Zone di Protezione Speciale (ZPC) quali misure e protezioni aggiuntive offre l’Area Marina protetta?

Attualmente i SIC/ZSC e le ZPS (tutti siti Natura 2000) non sono gestiti per l’area a mare. Oltretutto non sono monitorati, se non per quel minimo che riescono, dall’Ente Parco terrestre, a cui la Regione Marche ha affidato la gestione in attesa di avere una AMP, con una enorme difficoltà non avendo mezzi e risorse. In Italia nessun sito Natura 2000 si riesce a gestire senza una AMP. Si rischia l’ennesima procedura di infrazione della UE per questa situazione. La Regione Marche ne è particolarmente interessata non avendo aree marine protette.

Sia nella zona B che nella zona C, nell’ultima versione di zonizzazione presentata da ISPRA, sono interdette le moto d’acqua. Quale danno specifico per l’ambiente marino arrecano tali mezzi? In che misura?

Si tratta di mezzi inquinanti, in termini di rumorosità in aria e in acqua, troppo veloci per poter essere individuati da un organismo marino che può essere investito, utilizzati per sole finalità di divertimento e non per attività professionale. Questa attività che in piena stagione balneare si svolge per legge entro un miglio dalla costa genera un forte rumore oltre ad alterare la quiete e il paesaggio di un luogo di alto valore naturalistico. Questo disturbo non è sostenibile a fronte del piccolo numero di persone che utilizzano questo mezzo per scopi ludici.

Riguardo il tema del rumore, i rischi e gli effetti derivanti dagli impatti di tali dispositivi sugli ecosistemi marini sono certi e sono stati ampiamenti illustrati anche da ISPRA. Tra i potenziali effetti di questi dispositivi, sappiamo che l’esposizione al rumore di origine antropica può causare effetti molto dannosi per la fauna marina. Molte specie acquatiche (dagli invertebrati sino ai pesci ed ai mammiferi marini), possono rilevare e generare suoni. Questi suoni sono vitali per la comunicazione, il rilevamento delle prede, l’orientamento nella colonna d’acqua e la selezione dell’habitat. Di conseguenza, il rumore sottomarino di origine antropica può rappresentare una minaccia per gli habitat marini e per i loro abitanti ed è ora seriamente considerato per la valutazione dell’impatto ambientale. Non a caso, il 17 giugno 2008 il Parlamento Europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea hanno emanato la Direttiva quadro 2008/56/CE sulla Strategia per l’ambiente Marino, successivamente recepita in Italia con il d.lgs. n. 190 del 13 ottobre 2010.con la Strategia Marina, che prende in esame una serie di 11 descrittori di Buono Stato dell’Ecosistema Marino. Il descrittore 11 è dedicato proprio al rumore sottomarino. I suoni impulsivi (come quelli prodotti da un moto d’acqua) possono causare una serie di reazioni comportamentali come evitare di nutrirsi o di riprodursi in quelle aree, o possono condurre a effetti fisiologici quali danni temporanei o permanenti all’apparato uditivo, ed a livelli molto elevati, anche alla morte

Sia nella zona B che nella zona C, nell’ultima versione di zonizzazione presentata da ISPRA, sono interdette le attività di pesca subacquea. Quale danno e quale rischio comporta tale attività rispetto all’attività della pesca artigianale invece consentita e regolamentata in entrambe le zone?

La pesca subacquea è un’attività ludica rispetto alla piccola pesca che è invece fonte di reddito per lavoratori diretti. Le due attività non possono quindi essere messe a confronto in alcun modo. Gli operatori della piccola pesca sono tracciati, hanno una licenza, operano secondo delle regole e pescano in zone ben definite. Le loro attività sono gestibili e loro stessi sono i primi ad autoregolamentarsi per far in modo che la risorsa non diminuisca. Dal momento in cui i soli operatori residenti potranno operare in AMP saranno loro stessi che si daranno una disciplina, essendo sicuri che nessuno dall’esterno può pescare in quell’area.

Il pescatore sub, invece, proveniente non si sa da dove opera senza avere nulla di tutto ciò per puro diletto personale. In un’area di mare protetto il pescatore sub entra in un ambiente dove gli animali, fidelizzati dalla presenza numerosa di sub “turisti” e snorkelisti sarebbero una più facile preda, per non parlare dell’incompatibilità di una attività di caccia con la fiocina in presenza di turisti. Ma il vero problema sta nella tutela della biodiversità legate alla elevata selettività della pesca sub. Il pescatore sub cerca la “fiera”, l’esemplare grande. La pesca subacquea è spesso selettiva verso le forme di maggiori dimensioni. Purtroppo questo significa alterare le naturali strutture di popolazione che preservano le forme di maggiori dimensioni in quanto rappresentano i grandi riproduttori. La prole che origina da forme di grandi dimensioni oltre ad essere molto più numerosa presenta anche una maggiore fitness. La pesca subacquea, generalmente ricreativa, rappresenta quindi un’attività che andrebbe a compromettere l’effetto spill over, uno dei principali benefici che un’AMP ben gestita possa produrre.

La pesca subacquea è vietata in tutte le AMP perché anche la presenza di pochi pescatori crea un’alterazione nel comportamento di molte specie ittiche e può essere particolarmente impattante per alcune specie a rischio come ad esempio le corvine presenti nel mare del Conero. Gli attrezzi passivi della pesca artigianale non provocano questi effetti. In assenza di pescatori subacquei, i pesci delle AMP si avvicinano di più ai bagnanti contribuendo alle loro esperienze emotive. Spaventando i pesci si rende il loro avvistamento sempre più raro e questo nuoce allo sviluppo dello snorkelling sostenibile, dei safari fotografici.

Va ricordato tuttavia che, grazie all’effetto spill over, i pescatori subacquei potranno però beneficiare di un mare più pescoso nelle zone limitrofe alla AMP.

Con riferimento alla normativa vigente, quale dovrebbe essere l’ente gestore dell’area marina protetta e da chi dovrebbe essere costituito?

Non c’è alcun obbligo o norma che decide a priori chi debba gestire una AMP. Anche la norma della 394/91 che indirizza la gestione all’esistente Parco terrestre si riferisce all’esistenza di un Parco Nazionale non di altre forme di area protetta come i Parchi regionali. Per cui lo devono decidere i Comuni interessati in base a ragionamenti di efficacia ed efficienza e rispetto alla situazione logistica locale. Le possibilità più facili da perseguire sono: 1) il singolo Comune, 2) un Consorzio appositamente costituito, 3) l’Ente Parco regionale terrestre, 4) un Parco Nazionale che assorbe all’interno le due aree protette a terra e a mare. Per ognuna di queste scelte ci sono vantaggi e/o svantaggi su cui ragionare insieme a Ministero nella sede preposta a tale scopo, cioè la Conferenza Unificata. In quella sede, come previsto in normativa, gli enti nazionali e locali, concordano la formula migliore. Non è prevista la partecipazione obbligatoria della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio.

Quali sono le sostanziali differenze tra zona B e zona C così come nell’ultima ipotesi di AMP?

Sono indicati, come ipotesi, nella nota che il Comune ha ricevuto. Quelle previsioni vanno ancora poste a confronto con il Ministero, se serve, per capire dove e come migliorare le regole.

Nell’ultima PROPOSTA del MATTM – ISPRA 2016 (allegata) si prevede che:

  • nella zona C sono ammesse con accesso regolamentato le navi da diporto, vietate in zona B
  • la pesca ricreativa (mosciolo selvatico) e sportiva è autorizzata in zona B solo ai residenti, in zona C a tutti.

È importante evidenziare che se il Comune di Ancona decidesse di istituire l’AMP potrebbe rivedere e discutere la regolamentazione delle attività, ovviamente entro certi limiti (tipo la necessità di mantenere il divieto della pesca subacquea e delle moto d’acqua in tutta l’AMP). Le proposte di regolamentazione attualmente in discussione sono riportate di seguito.

Al Conero non ci sono i requisiti per un’AMP.

I soggetti che si pronunciano su questo aspetto sono il Parlamento in via preliminare e  il Ministero Ambiente. L’effettiva “idoneità” di un tratto  marino costiero viene verificata preliminarmente con l’inserimento delle aree proposte in apposito elenco di reperimento e successivamente vagliate dall’istruttoria ISPRA. Al Conero entrambe sono già state acquisite, cioè di fatto è già stata certificata riconosciuta dagli Enti preposti l’idoneità dell’area ad essere riconosciuta come AMP.  

Non sarebbe meglio istituire una ZTB (Zona di tutela Biologica)?

Le zone di tutela biologica sono tratti di mare in cui viene regolamentata l’attività di pesca. In alcuni casi viene completamente impedita, in altri è possibile la pesca artigianale, e in altri ancora viene consentita la pesca sportiva. Queste aree sono, almeno nella proposta portata in Comune, circoscritte dalla presenza di grandi ‘dissuasori’, ovvero blocchi e altre strutture di calcestruzzo dal costo molto elevato, messe sul fondale per impedire l’attività di pesca a strascico, come quelli sperimentati in Adriatico a Senigallia molti decenni fa. Ma l’esperienza accumulata in oltre trent’anni in Italia purtroppo non è positiva, molte di queste strutture sono scomparse in pochi mesi, inghiottite completamente dal fondale che si comporta come delle sabbie mobili, ovvero lasciando l’area senza alcuna protezione e con spreco di denaro pubblico. Se sono messe vicino a costa non servono a proteggere dallo strascico perché sotto costa è già illegale. Inoltre, spesso le comunità locali non erano neanche è a conoscenza dell’esistenza di queste zone tutelate, proprio perché mancavano completamente di strutture di controllo, ovvero nessuno le gestiva e le proteggeva. Quasi sempre il controllo è stato affidato alla guardia costiera, la quale però è oberata da mille altre attività e non riesce a impedire la pesca fraudolenta. Nell’area del Conero la pesca illegale è attuata ancora oggi, se pensiamo ai datteri bianchi (i ballari) o alle vongolare che arrivano quasi a riva, senza che si sia riusciti a contrastarla. Quindi continuerebbe ad essere fatta anche nella zona a tutela biologica. I blocchi di cemento spesso non riescono neanche a impedire l’accesso all’area tutelata alle vongolare. Il rischio è che quindi questi “dissuasori” proprio non servano. Inoltre, le zona a tutela biologica non ricevono finanziamenti da parte del governo e sono interamente a carico della comunità locale. Anche i risultati conseguiti in termini di tutela della biodiversità e della pesca non sono esaltanti. Ma allora perché proporla? Una ipotesi è che si voglia fare qualunque cosa, eccetto l’Area Marina Protetta del Conero. I malpensanti sostengono che sia per fare girare l’economia comprando un po’ di calcestruzzo. In altri luoghi d’Italia, infatti, la proposta della zona a tutela biologica è stata giustificata più dalla volontà di fare affari con i blocchi di cemento più che per proteggere l’ambiente marino. Sappiamo che davanti al Conero esiste un’area marina meravigliosa, nota nel mondo, che merita di essere protetta, ma invece di proteggerla seriamente si fanno proposte anacronistiche e costose. Magari sperando che il cittadino comune non conosca bene la differenza tra un’area di tutela biologica e un’area marina protetta e pensi che si stia facendo comunque qualcosa di utile per l’ambiente. I dissuasori possono aumentare la biodiversità in zone sabbiose dell’Adriatico, ma non nel Conero. L’unico posto dove non servono è proprio la Baia di Portonovo. Risparmiamo questi soldi. La via maestra sarebbe l’Area marina protetta, con personale che monitora e protegge il mare, segnala l’illegalità, fa campi scuola, guide per turisti e incentiva l’economia locale. Se poi la denominazione “Area marina protetta” ci spaventa, in subordine, e vorrei essere molto chiaro, si tratterebbe di un ripiego, possiamo proporre una Zona a Conservazione Speciale (ZCS), ma non una zona a tutela biologica (ZTB). Le Zone a Conservazione Speciale sono in Europa quello che per noi sono le Aree marine protette, e vengono promosse e finanziata in tutta l’unione europea e si auto-mantengono senza costi per i cittadini. Queste aree prevedono un piano di gestione, e richiedono un monitoraggio e una gestione effettiva da parte della Regione. Insomma, le Zone a conservazione speciale (ZCS) saranno in prospettiva forse anche più importanti anche delle aree marine protette e, se gestite correttamente, serviranno veramente al ripopolamento delle specie marine. L’unico limite è che rinunceremmo ai fondi del ministero dell’ambiente, che sono ancora a disposizione per fare l’area marina protetta del Conero. Ne vale veramente la pena? O è un prezzo da pagare per una battaglia ideologia contro l’Area Protetta del Conero?

Per approfondire consulta anche:

https://atomic-temporary-178341986.wpcomstaging.com/area-marina-protetta/

https://www.anconatoday.it/politica/zona-tutela-biologica-portonovo-verdi.html

I limiti imposti dalla Capitaneria sono già sufficienti alla tutela

I provvedimenti riguardano in generale la navigazione e l’ancoraggio a 300 metri dalla costa, con limiti specifici per ciascuna zona: dal Cantiere Navale al Trave (100 m), attorno al Trave (50 m), da Mezzavalle alla Chiesa di Portonovo (300 come quello generale), dalla Chiesa di Portonovo ai Sassi Neri (100m). Gli attuali provvedimenti NON sono sufficienti a garantire una salvaguardia degli habitat e specie presenti.

Nel mare del Conero non ci sono organismi rari o in via di estinzione ed il fondale è piatto e fangoso senza Posidonia.

Per avere un idea di quanta vita ci sia nel mare del Conero, Vi invitiamo a visitare i siti di seguito riportati ed ammirare la bellezza degli organismi che vivono in questo mare e che spesso sono a rischio estinzione:

Conero characters

Conero

Il Conero e le stagioni dei nudibranchi

Ringraziamo Marco Boncompagni per la sua preziosa collaborazione

  • La fascia costiera del Conero rappresenta il più rilevante tratto di costa rocciosa presente tra Venezia e il Promontorio del Gargano; arrestando la lineare e sabbiosa costa adriatica, va a costituire il più importante promontorio italiano dell’Adriatico insieme a quello del Gargano assumendo un rilevante significato ecologico lungo tutta la costa. Da un punto di vista geomorfologico tutta la costa è una falesia costituita da formazioni calcaree e marnose arenacee lungo la quale si alternano promontori e piccole baie. Alla base dei promontori sono presenti piccole spiagge costituite da ciottoli, blocchi e/o brecce a spigoli vivi. I fondali sono caratterizzati dalla presenza di numerosi affioramenti rocciosi, generalmente disposti parallelamente alla costa e intervallati a conche sabbiose aventi larghezza di alcune decine di centimetri, in cui si alternano ambienti illuminati e in ombra. Assieme a queste formazioni sono presenti vere e proprie secche rocciose, come ad esempio la “Secca dei Bianconi” e la “Secca della Madonna”. Notevole importanza riveste anche lo “Scoglio del Trave” caratterizzato da pareti verticali alte 9‐10 metri che scendono a picco fino al fondo. Grazie all’elevata eterogeneità dei fondali la fauna è molto diversificata, includendo specie tipiche di fondi sabbio‐fangosi con organismi di substrato duro. Sui fondali rocciosi sabbiosi del Conero fin dalla zona di transizione tra terra e mare non è raro incontrare vere e proprie foreste marine in miniatura costituite dall’alga bruna Cystoseira alta fino a 50‐60 cm, i cosiddetti “cistoseireti”, ricchi di biodiversità. Questi rendono più complesso e frastagliato l’ambiente, creando habitat e micro‐habitat ideali per la sopravvivenza di una florida comunità di organismi. Tra le alghe si vengono a formare zone più o meno illuminate e più o meno nascoste che possono ospitare specie animali e vegetali con diverse esigenze ecologiche: i pesci le perlustrano in cerca di nutrimento, sotto le loro fronde c’è un “sottobosco” che pullula di altre alghe, spugne, molluschi, crostacei, un luogo ideale per vivere e per sfuggire ai predatori. Questi rappresentano anche importanti siti di riproduzione; sono molte infatti, sia tra i pesci che tra gli invertebrati, le specie che vi depongono le uova e che qui conducono le prime fasi della loro vita, basti pensare alle seppie.

Nell’area sono presenti alcuni Habitat e Specie di Interesse Comunitario per la conservazione della biodiversità e degli habitat naturali.

Tra le specie ricordiamo:

− Palinurus elephas (aragosta), Arthropoda, Malacostraca, specie inserita nell’allegato III della Convenzione di Berna, nell’allegato III del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona, presente nelle Liste rosse IUCN (2014), come Vulnerable.

− Homarus gammarus (astice), Arthropoda, Malacostraca, specie inserita nell’allegato III della Convenzione di Berna e nell’allegato III del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona, presente nelle Liste rosse IUCN (2013), come Least Concern

− Lithophaga lithophaga (dattero di mare), Mollusca, Bivalvia, specie inserita nella Convenzione di Barcellona App. 2 (List of endangered or threatened species), nella Convenzione di Berna (App. 2, Strictly protected fauna species), nella lista CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of wild fauna and flora, App. 2) e nella Direttiva HABITAT (All. IV). Tale specie vive all’interno delle rocce che perfora, ma non raramente si trova anche associata ai banchi di mitili.

− Pholas dactylus (dattero bianco o ‘ballero’), Mollusca, Bivalvia, specie inserita nella Convenzione di Barcellona App. 2 (List of endangered or threatened species) e nella Convenzione di Berna (App. 2, Strictly protected fauna species). Tale specie vive all’interno delle rocce che perfora.

− Pinna nobilis, Mollusca, Bivalvia, specie inserita nella Convenzione di Barcellona App. 2 (List of endangered or threatened species), e nella Direttiva HABITAT (All. IV). Tale specie vive sui fondali sia sabbiosi sia rocciosi.

− Cystoseira barbata, Ochrophyta, Phaeophyceae, specie inserita nella Convenzione di Barcellona App. 2 (List of endangered or threatened species) insieme ad altre specie dello stesso genere. Tali macroalghe colonizzano fondi duri, formando delle piccole foreste sottomarine e rivestono pertanto un importante ruolo ecologico (ecosystem engineers).

Inoltre, le pozze di scogliera rappresentano un ambiente peculiare perché costituite da cavità più o meno ampie e di profondità variabile, che si riempiono di acqua saltuariamente in funzione del moto ondoso e della marea. Tali cavità sono popolate da una fauna particolare in grado di sopportare variazioni notevoli di temperatura e salinità come alcune specie di blennidi e gobidi.

Le aree marine protette NON sono un “carrozzone politico”.

Di norma hanno un solo dipendente a tempo determinato, il direttore dell’area protetta, che viene pagato dal Ministero dell’Ambiente e selezionato con un concorso pubblico nazionale. Inoltre, la gestione dell’Area marina protetta può essere affidata all’Ente gestore del Parco del Conero operando una sinergia a costo zero. In alternativa il personale (generalmente 2‐3 unità) è conferito in mobilità da enti pubblici o pagato su fondi di progetti. Un’area marina protetta rende più facile l’accesso a finanziamenti europei specificamente dedicati, e riceve finanziamenti dal ministero dell’ambiente e dalla comunità europea grazie ai progetti di ricerca generando un importante indotto economico a livello locale. Non è vero che le esperienze di altre AMP sono fallimentari, come alcuni sostengono. A titolo di esempio si riportano solo i più recenti progetti finanziati in alcune AMP italiane, progetti che arricchiscono le aree in cui vengono svolti e aumentano il livello occupazionale.

● AMP Torre del Cerrano:

○ PAEIAS

○ BySEAcle

○ ChaMon

○ Bird

○ Plant

○ Fish

○ River

○ ARCHEO

○ Bike Sharing

○ Life FRATINO

○ Life DUNA

○ Sito UNESCO

○ Gestione Duna Pineto

○ AdriaPAN

○ DIPinTo Cerrano

● AMP Miramare

○ AdriaPan, il Network delle Aree Protette costiere e marine del Mar Adriatico

○ MedPan, la rete delle aree protette nel Mediterraneo

○ Didattica mare

○ Terre@Mare

○ LIFE ROCPop

● AMP Isole Pelagie:

○ Monitoring and management of nesting sites in the MPAs Pelagie Islands”, finanziato da MedPAN Association in collaborazione con MAVA

○ MPA‐ADAPT (INTERREG)

○ TARTALIFE (LIFE EU)

○ TERRAMARE

○ SHARKLIFE (LIFE EU)

○ BioDIVALUE

○ PANACEA (Progetto di Educazione Ambientale)

Chi paga i costi economici dell’Amp e quali sono?

Il Ministero sostiene i costi del direttore e finanzia eventuali progetti. Il restante personale (parliamo di 2‐3 unità come nella media delle AMP esistenti) è in genere assegnato dagli Enti associati. Ulteriori finanziamenti possono essere reperiti da bandi europei. Proprio la mancanza di un’AMP impedisce l’accesso a queste risorse così importanti per la ricerca scientifica, la salvaguardia e la gestione attiva della costa del Conero. Nelle aree già istituite, le AMP sono state un catalizzatore di fondi Europei tramite progetti finanziati, che hanno aumentato l’occupazione sia per le persone direttamente impiegate, sia per le attività di contorno (per esempio dolphin watching). Quali sono i tempi e i costi di eventuali autorizzazioni concesse ai residenti per poter ormeggiare, ancorare le imbarcazioni o transitare nelle zone consentite? Variano in base al grado di efficienza di ciascun soggetto gestore. La scelta di questo organismo diventa fondamentale per assicurare una gestione efficace e competente.

Quali sono i tempi e i costi di eventuali autorizzazioni concesse ai residenti per poter ormeggiare, ancorare le imbarcazioni o transitare nelle zone consentite? Variano in base al grado di efficienza di ciascun soggetto gestore. La scelta di questo organismo diventa fondamentale per assicurare una gestione efficace e competente.

Fare un’AMP significa solo problemi e nessun vantaggio.

Le aree marine protette sono i luoghi più belli che abbiamo, pertanto vanno protette, conservate e valorizzate. Di fatto la loro esistenza rappresenta un valore aggiunto per l’intero territorio, non solo in termini biologici ed ecologici, ma anche in termini economici.

Proteggere l’area marina del Conero è l’unico modo per conservare i servizi ecosistemici e i valori culturali a essi associati, con il suo mosciolo o le foreste di macroalghe o altre specie meravigliose che popolano questo tratto di mare.

La protezione di questa area e delle specie che la popolano (grazie alle foreste marine, o agli altri organismi che le popolano e che attutiscono le onde) permette di proteggere meglio le spiagge riducendo dall’erosione costiera.

Un’area marina protetta rende più pescoso il mare del territorio. Molti studi hanno dimostrato che istituire una area marina protetta, non solo raddoppia la quantità di pesce ma ne aumenta anche le loro dimensioni, in un periodo di tempo molto breve. Inoltre, le aree protette fungono da area di riproduzione per molte specie.

Migliorano la qualità delle acque e favoriscono la balneazione, inoltre contrastano l’ingresso e la diffusione di specie marine aliene, incluse quelle tossiche e pericolose per l’uomo e per l’ecosistema marino, come visto negli ultimi anni con la chiusura dell’area del Passetto di Ancona alla balneazione a causa dell’alga tossica Ostreopsis ovata.

Le aree marine protette rilanciano e migliorano il turismo, perché sono riconosciute come simbolo di qualità e unicità molto più di qualunque bandiera blu. Il turismo nelle aree protette è di alta qualità, e porta migliore occupazione e maggior reddito alla comunità locale.

Un’area marina protetta porta una chiara visibilità e fama internazionale, rendendo più facili finanziamenti europei, riceve finanziamenti dal ministero dell’ambiente e dalla comunità europea grazie ai progetti di ricerca e lavoro.

L’AMP del Conero valorizzerebbe ulteriormente il territorio, aumentando il valore degli immobili e favorendo gli investimenti di qualità e le ristrutturazioni edilizie.

L’AMP aiuta la crescita culturale per il territorio, offrendo occasioni di cultura ambientale per i cittadini anconetani e per tutta la regione, perché promuove programmi di divulgazione e disseminazione per gli studenti e attività di “Citizen science” (la scienza fatta dai cittadini).

Le AMP ci permettono di lasciare alle future generazioni un mare ricco e sano utili come quello di cui noi abbiamo goduto noi adulti.

In sostanza, l’istituzione dell’AMP del Conero è un obiettivo ormai non più rinunciabile o rinviabile. Il Piano Strategico per la Biodiversità 2011‐2020, adottato nell’ambito della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), e in particolare il suo target “Aichi 11”, stabilisce che “Dal 2020, almeno il 17% delle acque terrestri e interne e il 10% delle aree costiere e marine, in particolare le aree di particolare importanza per la biodiversità e i servizi ecosistemici, sono conservate attraverso sistemi di aree protette o altre misure di conservazione (OECM ‐Other Effective area‐based Conservation Measures), gestite equamente, ecologicamente rappresentative e integrate nel mio ampio paesaggio terrestre e marino”.

Nel Mediterraneo per raggiungere questo target (attualmente vi sono 1.231 AMP e OECM, per un totale di 179.798 km2) occorrerebbe aggiungere altri 71.900 km2 (2,86% del Mediterraneo). In Adriatico tra la AMP di Miramare (Golfo di Trieste) e la AMP di Torre Cerrano (Abruzzo), vi sono circa 600 km di costa privi di AMP. L’AMP del Conero colmerebbe anche questa interruzione nel network tra sistemi di aree protette.

Inoltre. la Direttiva Europea “Habitat” 92/43/CEE prevede la conservazione di diversi habitat presenti in questo tratto di mare, quali ad esempio le foreste di macroalghe del genere Cystoseira qui presenti. La Direttiva “Uccelli” 2009/147/CEE dall’altro lato, contempla invece la conservazione degli uccelli selvatici e molte delle specie ivi annoverate sono presenti nell’area (strolaga minore, strolaga mezzana, berta maggiore, berta minore, marangone dal ciuffo, gabbiano corallino, beccapesci, sterna comune, martin pescatore). 

L’istituzione dell’AMP del Conero appare dunque indispensabile per la tutela del nostro mare e del nostro territorio.

Per ulteriori obiezioni, dubbi ed approfondimenti su aspetti tecnico-scientifici è disponibile un form nella pagina “contatti” del sito